L’art. 12, comma 3, lett. a) del CCNL Dirigenza medica, 2° biennio economico, dell’8.6.2000, ai fini della maggiorazione della retribuzione di posizione valorizza solo l’anzianità di servizio prestata con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed opera un’oggettiva discriminazione in danno del dirigente assunto a tempo determinato, la cui anzianità non riceve valorizzazione alcuna.
La disposizione contrattuale, pertanto, deve essere in parte qua disapplicata, perché, come più volte affermato da questa Corte, la clausola 4 dell’Accordo esclude in generale ed in termini non equivoci qualsiasi disparità di trattamento non obiettivamente giustificata nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, sicché la stessa ha carattere incondizionato e può essere fatta valere dal singolo dinanzi al giudice nazionale, che ha l’obbligo di applicare il diritto dell’Unione e di tutelare i diritti che quest’ultimo attribuisce, disapplicando, se necessario, qualsiasi contraria disposizione del diritto interno (Corte Giustizia 15.4.2008, causa C- 268/06, I.; 13.9.2007, causa C-307/05, D.C.A.; 8.9.2011, causa C-177/10 R.S.)» (Cass. n. 7586/2022).
In definitiva, con riguardo alla retribuzione di posizione, l’incompatibilità con l’Accordo quadro, e quindi con la Direttiva, di una clausola contrattuale che vieta in modo assoluto di tenere conto dell’anzianità di servizio maturata con i contratti a tempo determinato e la conseguente necessità di disapplicare quella clausola sono del tutto evidenti.