PUBBLICO IMPIEGO PRIVATIZZATO

LICENZIATO PER UTILIZZO ABUSIVO DI UN SOLO GIORNO DI PERMESSO SINDACALE

La fruizione di un giorno di permesso sindacale per dedicarsi ad attività personali non riconducibili alla funzione per cui il permesso era stato riconosciuto integra gli estremi di un inadempimento disciplinare sanzionabile con il licenziamento, a nulla rilevando che per l’assenza ingiustificata di un giorno o l’abbandono della postazione di lavoro il contratto collettivo prevedesse una mera sanzione conservativa.

L’indebito utilizzo del permesso sindacale per svolgere attività ad esso estranee ha rilievo sul piano disciplinare anche (e soprattutto) perché integra gli estremi dell’abuso del diritto e non può essere esaminato nella più ridotta prospettiva delle sole giornate di assenza ingiustificata.
Sulla scorta di questi principi la Cassazione ha concluso (ordinanza del 26198/2022) che l’impropria fruizione di un solo giorno di permesso sindacale retribuito per svolgere, in realtà, attività di natura prettamente personale è ampiamente sufficiente per giustificare il licenziamento del lavoratore con effetto immediato.

Non è di alcun pregio che il contratto collettivo applicato al rapporto richiedesse non meno di 5 giorni continuativi di assenza ingiustificata dal lavoro (o 5 giorni di assenza frazionati, se collocati dopo una festività o un periodo di ferie) per sanzionare la condotta inadempiente con il provvedimento espulsivo.
Laddove il lavoratore abbia utilizzato in modo improprio il permesso sindacale, l’assenza ingiustificata è solo una componente di un inadempimento che investe, in senso più ampio, la capacità del dipendente di attenersi alle prescrizioni delle norme imperative di legge.

La Cassazione osserva che l’inadempimento non pone soltanto un tema di assenza dal lavoro, ma spicca e si impone anzitutto per la violazione della norma statutaria che circoscrive l’uso del permesso sindacale retribuito a ipotesi specifiche.
L’articolo 30 della legge 300/1970 riconosce, invero, ai componenti degli organi direttivi delle organizzazioni sindacali il diritto a permessi retribuiti per la partecipazione alle riunioni di tali organi. Appare evidente alla Suprema corte che, utilizzando il giorno di astensione dal lavoro per ragioni personali, il dipendente abbia tradito la finalità sindacale cui la norma ha preordinato il diritto ai permessi retribuiti. L’abuso del diritto costituisce, in tal caso, un “quid pluris” che rende più grave sul piano disciplinare la condotta del lavoratore per avere utilizzato il giorno di permesso sindacale retribuito per dedicarsi ad attività ad esso estranee, inducendo più ampie considerazioni sulla correttezza dei futuri adempimenti.

Il dipendente si era difeso in giudizio sostenendo che, a fronte di un solo giorno di assenza privo di giustificazioni, la misura del licenziamento per giusta causa appariva sproporzionata, in quanto l’inadempimento doveva essere rapportato alla previsione del contratto collettivo per cui solo dopo 5 giorni di assenza ingiustificata risulta applicabile la misura massima espulsiva.

Non è dello stesso avviso la Cassazione, che rimarca come l’utilizzo improprio del permesso sindacale non abbia unicamente rilievo sotto il profilo dell’assenza dal lavoro. Al contrario, il passaggio centrale che connota l’inadempimento è l’abuso del diritto realizzato dal dipendente utilizzando il permesso sindacale per finalità estranee a quelle istituzionali.

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