Deriva che per quantificare il danno risarcibile è necessario individuare l’ammontare del danno sofferto mediante parametri capaci di cogliere la sostanza della condotta dell’Ente ma anche le modalità con cui il richiedente ha speso il proprio tempo nel periodo in cui non ha prestato servizio. E dunque può essere affermato che la corretta base di calcolo della quantificazione è rappresentata dall’ammontare del trattamento economico netto non goduto con esclusione di ogni voce retributiva diversa ed ulteriore allo stipendio tabellare.
Ciò in quanto tali voci sono comunque correlate, direttamente o indirettamente, allo svolgimento di quell’attività lavorativa spettante ma che in effetti non c’è stata. Inoltre non può entrare a comporre il risarcimento, la contribuzione previdenziale relativa al periodo, poiché i contributi previdenziali non si sostanziano in somme effettivamente corrisposte al dipendente. Infine dall’importo risarcitorio va sottratto qualunque altro introito legato ad altra attività lavorativa comunque svolta nel periodo in questione; informazioni desumibili dalle dichiarazioni dei redditi dei periodi in questione ovvero altrimenti desumibili dall’Amministrazione finanziaria.
Consiglio di Stato, sentenza n.8633 del 3 ottobre 2023