In tema di dirigenza medica, la Suprema Corte, rigettando il ricorso proposto nei confronti di una ASL per rivendicare l’obbligatorietà del diritto al conferimento di incarichi di alta professionalità, ha affermato che il diritto al conferimento dei suddetti incarichi, a seguito dello svolgimento di servizio dirigenziale medico per oltre cinque anni, con valutazione positiva, da parte del collegio tecnico, è condizionato all’esistenza di posti disponibili (secondo l’assetto organizzativo dell’ente fissato dall’atto aziendale), alla copertura finanziaria, oltre che al superamento delle forme di selezione regolate dalla contrattazione collettiva.
Quest’ultima nel regolare, (art. 151 D. L.vo n. 502/1992,) le modalità di conferimento degli incarichi, stabilisce (articolo 28 CCNL 2000) che si proceda alla scelta con atto scritto e motivato, sulla base di una rosa di idonei e previa fissazione aziendale di criteri e di procedure per l’affidamento, il che è palesemente in contrasto con un’attribuzione a tutti, al quinquennio, sempre e comunque, di uno di quegli incarichi.
La Corte richiama il sistema generale delle fonti di cui all’art. 21 D. L.vo n. 165/2001, in cui i profili organizzativi da esercitarsi nel rispetto delle norme finanziarie sono rimessi alla Pubblica Amministrazione ed alla contrattazione collettiva è demandata invece la disciplina dei rapporti di lavoro e dei trattamenti economici.