L’art. 9 del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 31.3.2023 n. 36, il Codice), come noto, stabilisce, tra i principi che regolano la contrattazione pubblica, il principio della conservazione dell’equilibrio contrattuale – Se sopravvengono circostanze straordinarie e imprevedibili, estranee alla normale alea, all’ordinaria fluttuazione economica e al rischio di mercato e tali da alterare in maniera rilevante l’equilibrio originario del contratto, la parte svantaggiata, che non abbia volontariamente assunto il relativo rischio, ha diritto alla rinegoziazione secondo buona fede delle condizioni contrattuali.
Come si vede, la norma introduce nella nostra materia, innovando alla precedente impostazione generalmente seguita in giurisprudenza, il diritto alla rinegoziazione del contratto al verificarsi delle condizioni ivi previste e laddove la “parte svantaggiata” non vi abbia volontariamente rinunciato; riecheggiando un istituto affacciatosi sul versante civilistico, con ampia elaborazione dottrinale, nel settore dei contratti di durata o a esecuzione continuata o periodica e segnatamente dell’appalto, tipico contratto di durata.
La norma prevede il computo dei relativi oneri il cui ammontare necessariamente comporta un limite all’ambito operativo della rinegoziazione (sul versante della parte pubblica). Viene auspicato l’inserimento nei contratti di clausole di rinegoziazione (le stazioni appaltanti “favoriscono”), laddove si tratta di contratti particolarmente esposti, per durata nonché per il contesto economico nel quale sono chiamati ad operare, “al rischio delle interferenze da sopravvenienze”.