Sotto il primo profilo, la normativa in esame impone ai comuni, alle province e alle città metropolitane di disciplinare il canone in parola in modo da assicurare un gettito pari a quello conseguito dai canoni e dai tributi che sono sostituiti dal canone stesso, fatta salva, in ogni caso, la possibilità di variare il gettito attraverso la modifica del valore della tariffa-base indicata dal Legislatore statale all’interno del comma 826 dell’art. 1 della L. n. 160/2019.
In altri termini, il Legislatore statale ha attribuito agli Enti territoriali il potere di disciplinare il canone unico patrimoniale in modo da garantire l’invarianza di gettito anche eventualmente attraverso la modifica delle tariffe, così operando un bilanciamento tra la necessità di predeterminazione statuale della tariffa -base, al fine di garantire il rispetto della riserva di legge di cui all’art. 23 Cost., e l’esigenza di tutelare l’autonomia finanziaria dei singoli Enti territoriali riconosciuta dagli artt. 117, 118 e 119 Cost.
Alla luce di quanto precede, è evidente che un eventuale esonero (totale o parziale) dal pagamento del canone unico patrimoniale comporterebbe una diretta diminuzione delle entrate del bilancio dell’Ente territoriale, in violazione della disciplina recata dall’art. 1, commi 816 e ss., della L. n. 160/2019 che – come anticipato – esige l’invarianza di gettito.