“In materia di appalto di opere pubbliche le mancanze della progettazione esecutiva – uno dei livelli, insieme a quella preliminare e definitiva, alla cui completezza ed efficienza si accompagna lo svolgimento di correlate attività ed allegazioni documentali – riferibili alla stazione appaltante rientrano in un percorso che, guidato dall’osservanza dei canoni di diligenza e buona fede, definisce delle parti, stazione appaltante ed impresa appaltatrice, reciproci adempimenti al fine della realizzazione dell’opera pubblica”.
Così riporta la pronuncia della Corte di Cassazione, ordinanza n. 3839/2021, in tema di progettazione della stazione appaltante e sulla collaborazione per opere pubbliche tra appaltante e appaltatore.
Si ricorda che l’appaltatore di opera pubblica non è un mero esecutore («nudus minister») della volontà espressa dagli ausiliari tecnici della stazione appaltante, bensì un operatore qualificato, il cui obbligo di diligenza, ai sensi dell’art. 1176, co. 2, cod. civ., si estrinseca nell’adeguato sforzo tecnico, con impiego delle energie e dei mezzi normalmente ed obiettivamente necessari od utili in relazione alla natura dell’attività esercitata, comprese le competenze tecniche funzionali, al controllo e alla correzione degli eventuali errori del progetto fornitogli dal committente.
Corte di Cassazione, sentenza n. 3839/2021