L’ostensione dei dati personali delle persone fisiche richiedenti il bonus edilizio tramite l’accesso civico determina un’interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà dei soggetti coinvolti, in violazione del principio di minimizzazione dei dati.
Secondo il Garante, con riferimento al caso specifico sottoposto al suo esame, i dati riguardano anche informazioni di carattere privato (relative alla proprietà immobiliare, all’aver effettuato interventi edilizi, all’aver scelto una specifica impresa, all’aver chiesto di usufruire di un agevolazione statale) che, per motivi individuali, non sempre si desidera portare a conoscenza di soggetti estranei e la cui ostensione può arrecare, in relazione ai casi e al contesto in cui possono essere utilizzati da terzi, tenendo conto anche del particolare regime di pubblicità dei dati oggetto di accesso civico, proprio quel pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali previsto dall’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013.
Bisogna tenere infatti in considerazione anche le ragionevoli aspettative di confidenzialità del privato al momento in cui l’amministrazione ha raccolto le relative informazioni, nonché la non prevedibilità, al momento della raccolta dei dati, delle conseguenze derivanti dalla eventuale conoscibilità da parte di chiunque dei dati richiesti tramite l’accesso civico per ulteriori finalità non conosciute (né conoscibili) dai soggetti controinteressati (cfr. par. 8.1 delle Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico, cit.).
Questo quanto affermato dal Garante privacy con parere 76/2023