L’Intelligenza Artificiale è già realtà nelle Pubbliche Amministrazioni italiane. A certificarlo è il nuovo Rapporto 2025 pubblicato da AgID a giugno e frutto di una ricognizione puntuale su 120 progetti in corso con un campione di 108 enti.
E se da un lato i dati confermano il crescente entusiasmo nei confronti degli strumenti di intelligenza artificiale – inclusi chatbox e assistenti virtuali, presenti in oltre il 60% dei progetti monitorati – dall’altro emerge con chiarezza che senza competenze interne solide, il rischio è di costruire castelli digitali… sulla sabbia.
Rapporto AgiD: i dati
Secondo il rapporto, il 42% dei progetti mira a migliorare l’efficienza operativa delle amministrazioni, il 24% a potenziare la gestione dei dati e il 18% a ottimizzare l’accesso ai servizi. La dimensione è prevalentemente nazionale [80%] con quale eccezione di livello sovranazionale.
Ciononostante, il rapporto mette in luce come solo il 20% dei progetti disponga di KPI per misurarne l’impatto – essenziale per il governo delle innovazioni – e l’assenza di competenze interne viene stigmatizzata come una delle principali criticità. E’ evidente, difatti, che la mancata introduzione all’interno dei contratti per l’acquisto e l’introduzione di strumenti di intelligenza artificiale di strumenti efficaci di governo della relazione negoziale, come appunto sono gli indicatori chiave di prestazione (KPI), i livelli di qualità attesi e gli interventi correttivi connessi, rischia di vanificare l’utilità effettiva delle soluzioni introdotte.
AgID mette in rilievo come circa la metà delle procedure di affidamento dei progetti di AI abbia riguardato gare ICT generiche (ad es. ricorso ad accordi-quadro o convenzioni Consip), mentre il 12% dei contratti è stato attivato a seguito di proposta spontanea da parte dei fornitori. Il che potrebbe implicare una scarsa consapevolezza degli Enti nell’approccio al procurement delle soluzioni AI ed anche una limitata conoscenza dei possibili strumenti giuridici funzionali all’approvvigionamento. Il rapporto AgID pone in evidenza, quindi, i possibili rischi di fenomeni di vendor lock-in, connessi sia al limitato ricorso a strumenti di procurement specificamente strutturati per l’intelligenza artificiale, che alla scarsa preparazione delle amministrazioni.
Nella pubblica amministrazione è chiaro che la trasformazione digitale non può poggiare solo su tecnologie e fornitori esterni. Serve, invece, mettere in campo una strategia delle competenze. L’indagine AgID lo afferma con chiarezza: per garantire sostenibilità e impatto sistemico delle soluzioni IA, è necessario mappare le risorse umane, formare profili dedicati (come AI Officer e Data Steward) e promuovere percorsi formativi su misura per dirigenti, referenti tecnici e operatori pubblici.
Il Rapporto dell’AgID- essendo un’indagine finalizzata al censimento dei progetti in corso adottata nell’ambito del Piano Triennale per l’Informatica nella PA – considera aspetti prevalentemente tecnici e non si spinge ad analizzare le complesse problematiche giuridiche, sottese all’introduzione di sistemi di intelligenza artificiale nell’ambito dei processi amministrativi, che pure esistono e rappresentano, probabilmente, lo snodo più delicato da comprendere e affrontare per gli enti, soprattutto di piccole e medie dimensioni.
Si tratta di problematiche che vanno, solo per citarne alcune, dalla stessa natura e legittimità dell’atto amministrativo prodotto con il supporto dell’intelligenza artificiale, alle modalità in cui si esplica il diritto di accesso alle decisioni algoritmiche, alle complesse – e spesso non comprese – problematiche inerenti il trattamento dei dati personali. Le pubbliche amministrazioni rischiano, senza una adeguata preparazione su questi specifici temi, di assumere responsabilità significative, delle quali non comprendono totalmente la portata.
In quest’ambito, vi è poi una correlazione molto stretta tra aspetti giuridici e aspetti tecnici, posto che i diversi sistemi di IA, a seconda di come sono configurati, implicano ricadute molto differenti sulle tematiche sopra richiamate, delle quali le Amministrazioni sono spesso inconsapevoli. È fondamentale, quindi, anche un approccio interdisciplinare, sia giuridico che tecnico, per garantire che le strategie messe in campo siano sostenibili ed efficaci sotto entrambi i profili.
Le Amministrazioni che sapranno investire oggi nella formazione del proprio personale saranno domani quelle in grado di:
- governare progetti complessi senza dipendere esclusivamente da fornitori esterni;
- selezionare soluzioni IA realmente utili e coerenti con i fabbisogni pubblici, ma al contempo anche rispettose di tutte le norme vigenti;
- integrare l’IA nei sistemi informativi esistenti, valorizzando dati e processi già disponibili.
L’Intelligenza Artificiale può rendere la PA più efficiente, proattiva e vicina al cittadino. Ma la tecnologia, da sola, non basta. È l’intelligenza delle persone – formate, consapevoli, competenti – a fare la differenza.
Per chi lavora nella Pubblica Amministrazione, formarsi oggi su questi temi non è un’opzione. È una responsabilità strategica.
A cura di:
Avv. Luca Leone – Name & Managing Partner – Studio Legale Leone – Avvocati Associati – Roma
Avv. Paola Conio – Senior Partner – Studio Legale Leone – Avvocati Associati – Roma