La sentenza n. 209/2022 della Corte costituzionale ha rivoluzionato la definizione di abitazione principale ai fini dell’esenzione IMU, generando un acceso dibattito sull’interpretazione del requisito della “dimora abituale”.
Rivoluzione della definizione:
- La sentenza ha eliminato il riferimento al “nucleo familiare”, concentrando l’attenzione sul singolo possessore dell’immobile.
- Questo ha invalidato molti accertamenti comunali basati sulla mancanza di residenza o dimora abituale del nucleo familiare.
Lacune normative:
- La sentenza ha lasciato irrisolto il problema della definizione di “dimora abituale” nel contesto tributario.
- Permane l’incertezza sull’efficacia probatoria della rilevazione dei consumi di utenze, indicata dalla Corte come strumento di controllo.
Contrasto giurisprudenziale:
- Sentenze recenti di Corti di giustizia tributaria (Lombardia e Toscana) mostrano interpretazioni divergenti sull’importanza dei consumi di utenze.
- In Lombardia, i bassi consumi non sono considerati prova sufficiente di mancanza di dimora abituale, mentre in Toscana hanno valore decisivo.
Necessità di chiarezza:
- La mancanza di un criterio univoco di “dimora abituale” porta a interpretazioni soggettive e discrezionalità.
- È auspicabile un intervento legislativo per definire in modo più preciso il concetto di “dimora abituale” ai fini IMU.
Il ruolo del contraddittorio:
- L’articolo 6-bis della legge 212/2000, relativo al contraddittorio preventivo, può essere un valido aiuto per i funzionari responsabili del tributo.
- Attraverso il contraddittorio preventivo si da la possibilità di analizzare a 360 gradi la situazione del contribuente.
La sentenza della Corte costituzionale ha aperto un nuovo capitolo nell’applicazione dell’IMU, ma la mancanza di chiarezza sulla “dimora abituale” richiede un intervento legislativo per garantire uniformità e certezza del diritto.