Il recente “sblocca stipendi” inserito nel decreto legge sulla Pubblica Amministrazione ha acceso le speranze nel 94% dei Comuni italiani, promettendo un potenziale raddoppio degli stanziamenti per le buste paga dei dipendenti locali.
Tuttavia, la strada verso l’applicazione pratica è irta di complessità interpretative e di calcolo, con una circolare della Ragioneria Generale attesa a breve per fare chiarezza.
Un Rinforzo Necessario Contro l’Esodo del Personale
L’obiettivo primario di questa norma è chiaro: contrastare l’esodo del personale dai Comuni, dove le buste paga medie sono tra le più basse dell’intera Pubblica Amministrazione. Per trattenere e attrarre talenti, è fondamentale offrire un rinforzo economico.
Lo strumento individuato è l’aumento del fondo accessorio, ovvero la parte della retribuzione destinata a voci aggiuntive rispetto allo stipendio base. Questo fondo potrà ora raggiungere il 48% del costo sostenuto per i tabellari nel 2023.
Il potenziale impatto è enorme: secondo le stime del Ministero dell’Economia, lo stanziamento complessivo dei Comuni per le retribuzioni potrebbe passare da 1,62 a 3,35 miliardi di euro. Solo una minoranza di 400 Comuni, che già superano il nuovo limite, non avranno ulteriori margini di manovra.
Ostacoli Interpretativi e Limiti di Spesa Storici
Il passaggio dal potenziale all’attuazione non è però banale. Il primo ostacolo è di natura interpretativa, riguardando la compatibilità tra questa nuova spinta e i vecchi limiti generali di spesa, stabiliti da una legge finanziaria ormai datata del 2007.
Aprire varchi con una semplice circolare appare difficile, poiché i principi di finanza pubblica impongono una lettura restrittiva dei vincoli di spesa, che devono essere applicati a meno di deroghe esplicite (assenti nella nuova norma). Sarà fondamentale capire come la prossima circolare della Ragioneria Generale affronterà questo nodo cruciale.
Speranze per le Unioni di Comuni
Maggiore ottimismo si registra invece per le Unioni di Comuni, le quasi 450 associazioni che raggruppano oltre 2.800 enti in Italia. Sebbene l’articolo 14 del decreto PA (Dl 25/2025) non le citi esplicitamente, la possibilità di usufruire dello “sblocca stipendi” potrebbe aprirsi attraverso la “cessione” di capacità assunzionali da parte dei Comuni associati, un meccanismo già previsto dal Testo unico degli enti locali (articolo 32, comma 5). Questa soluzione potrebbe offrire un’importante boccata d’ossigeno anche a queste realtà.
Aumenti Strutturali: Vantaggi e Conseguenze
Un aspetto fondamentale da non trascurare è che gli aumenti consentiti dalla nuova regola sono strutturali. Questo comporta due conseguenze significative:
- Destinazione permanente: I fondi possono essere destinati a istituti permanenti come i “differenziali stipendiali” (incrementi fissi riconosciuti con le “promozioni” senza cambio di inquadramento) o al welfare integrativo.
- Impossibilità di taglio: Essendo costi permanenti, questi aumenti non potranno essere ridotti in futuro. Ciò implica che il loro costo, comprensivo di oneri riflessi (27,4%) e IRAP, deve essere calcolato con attenzione, poiché avrà conseguenze dirette sugli spazi per nuove assunzioni, che sono calcolati in base al rapporto tra spese di personale ed entrate stabili.
L’Armonizzazione del Trattamento Accessorio
In sintesi, il “sblocca stipendi” rappresenta un’opportunità significativa per l’armonizzazione del trattamento accessorio del personale dipendente degli enti locali, un passo necessario per rendere più attrattivo il lavoro nei Comuni.
Tuttavia, la sua piena attuazione richiederà un’attenta interpretazione delle norme e una gestione oculata delle risorse, con l’attesa circolare della Ragioneria Generale che si preannuncia decisiva per tracciare la rotta.