Nei ricorsi sugli esiti di procedure concorsuali non può formare oggetto di censura la brevità dei tempi impiegati dalla commissione esaminatrice per correggere tutti gli elaborati. Lo afferma la settima sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 605/2025.
Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso, stabilendo che la brevità dei tempi impiegati dalla commissione esaminatrice non può essere oggetto di censura nei ricorsi sugli esiti di procedure concorsuali.
I giudici hanno sottolineato che non è sindacabile in sede di legittimità la congruità del tempo dedicato dalla commissione alla valutazione delle prove, in quanto non esiste una predeterminazione legale o regolamentare dei tempi da dedicare a tale valutazione. Inoltre è stato evidenziato che la durata di tre ore e mezzo era riferita alla seduta collegiale e non esclude che i commissari abbiano esaminato i titoli individualmente prima della seduta.
- Principio Affermato:
- Nei ricorsi riguardanti gli esiti di procedure concorsuali, non è ammissibile contestare l’eccessiva brevità dei tempi impiegati dalla commissione per la correzione degli elaborati.
- Non essendo sindacabile in sede di legittimità la congruità del tempo dedicato dalla commissione alla valutazione delle prove, mancando una predeterminazione, sia pure di massima, ad opera di legge o di regolamenti, dei tempi da dedicare alla valutazione.
- Caso Specifico:
- Nel caso in esame, si trattava della valutazione di curricula e pubblicazioni di soli due candidati, e la durata di tre ore e mezzo si riferiva alla riunione collegiale della commissione, non escludendo che i commissari avessero già esaminato i titoli individualmente.
In sintesi, la sentenza chiarisce che la valutazione dei tempi impiegati dalle commissioni esaminatrici non rientra tra i motivi di ricorso ammissibili, a meno che non vi siano prove concrete di irregolarità nel processo di valutazione.