L’ostensione documentale non può essere finalizzata all’esercizio di un controllo dell’operato dell’amministrazione, allo scopo di verificare eventuali e non ancora definite forme di lesione della sfera dei privati, atteso che l’interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi deve essere comparato con altri interessi rilevanti, tra cui quello dell’amministrazione a non subire eccessivi intralci nella propria attività gestoria, presidiata anche a livello costituzionale (in termini Cons. Stato, V, 25 settembre 2006, n. 5636).
Lo ribadisce il Tar Abruzzo su un vicenda in cui impresa edile, non essendo mai stata destinataria di inviti da parte di stazione appaltante nel periodo 2020/2021, impugnava, chiedendone l’annullamento, il silenzio rifiuto oppostole dalla stessa sulla richiesta di accesso agli atti e provvedimenti adottati per le gare sopra e sotto soglia di € 40.000,00 indette per il periodo 2020-2021.
Secondo l’impresa lo svolgimento a titolo professionale dell’attività relativa agli atti richiesti legittimava senza dubbio la richiesta di accesso.
La stazione appaltante, opponendosi al ricorso, sostiene di aver sempre dato adeguata pubblicità a tutte le fasi dell’iter procedimentale funzionale al conferimento di appalti pubblici tramite pubblicazione degli atti sul sito istituzionale dell’ente nella sezione “Amministrazione Trasparente”.
Il ricorso comunque non è ammissibile in quanto finalizzato ad un controllo generalizzato dell’operato della pubblica amministrazione, allo scopo di individuare eventuali e non ancora definite forme di lesione della sfera dei privati, ed anche a voler configurare l’istanza quale accesso civico generalizzato il ricorso sarebbe inammissibile non configurandosi un silenzio con valore legale di rigetto e non potendo comunque riconoscersi un uso strumentale dell’accesso civico per conseguire un vantaggio personale.
Tar Abruzzo, Pescara, Sez. I, 03/12/2021, n. 501